Si tratta di una meravigliosa scultura in marmo realizzata nel 1753. Non solo è l’opera più importante e nota presente nella Cappella Sansevero ma è considerata una delle più grandi opere scultoree del mondo.
Lo stesso Antonio Canova ne rimase ammirato tanto da volerla acquistare e da dirsi disposto a rinunciare al suo nome o ad anni della sua vita pur di esserne l’autore.
A lungo si è ritenuto che l’opera fosse stata realizzata da Giuseppe Sanmartino su bozzetto di creta del Corradini, ma recenti scoperte hanno permesso di attribuire a Sanmartino anche il progetto dell’opera.
Consiste nella rappresentazione di Cristo, il cui corpo è scolpito adagiato su un materasso, con la testa che poggia su due cuscini. Un velo copre il suo corpo aderendo in maniera perfetta al viso e al corpo, tanto da rendere visibili le ferite provocate dagli strumenti della tortura. Questi ultimi sono disposti a lato: una corona di spine, una tenaglia a alcuni chiodi.
La scultura attualmente si trova al centro della navata della cappella, ma nel progetto originario avrebbe dovuto essere collocata all’interno della cavea sotterranea illuminata da lampade che dovevano essere in grado di illuminare per sempre la statua mediante una geniale ideazione dello stesso Principe Raimondo, scienziato oltre che alchimista. Le pieghe del velo dovevano accentuare la drammaticità della figura. La cavea con il primitivo accesso dalla sacrestia doveva essere una sorta di “caverna” massonica, in cui era presente in Cristo morto, destinato però alla resurrezione, con la rinascita che caratterizzava ogni nuovo iniziato alla Loggia.
Le leggende sul velo
L’effetto del velo con le sue pieghe e la sua aderenza perfetta ha alimentato nel tempo una leggenda, che in realtà secondo alcuni è una teoria corretta, persino suffragata da prove, per cui lo scultore avrebbe realizzato solo il corpo, mentre sarebbe stato Il Principe Raimondo ad aggiungere un telo si tessuto che con ignoto procedimento alchemico avrebbe trasformato in marmo. E’ stata la giornalista Clara Miccinelli, autrice di un libro sull’argomento, ad annunciare addirittura l’esistenza presso l’archivio notarile di Napoli di una copia del contratto tra Raimondo e il Sanmartino, in base al quale il committente nell’ordinare l’opera si impegnò a procurarsi personalmente il telo con cui ricoprire il corpo scolpito e a trasformarlo, dopo un misterioso trattamento, in parte della stessa scultura. Una variante di questa leggenda presuppone che sia stato lo scultore a realizzare il velo ma sempre sulla base di una tecnica di trasformazione del tessuto in marmo insegnatagli dal Principe.
Esiste poi un’ulteriore leggenda in base alla quale prima sarebbe stato realizzato il marmo di vetro e successivamente con una magia il Principe consentì allo scultore di scolpire il corpo.
Per la bellezza dell’opera molti osservatori sono portati a credere che il telo sia stato aggiunto in un secondo tempo e mediante procedimento chimico si sia trasformato nel tempo in marmo, in base ad un processo di “marmorizzazione”.
In realtà lo scultore, con eccezionale maestria, ha realizzato l’opera utilizzando un unico blocco di marmo, come testimoniano anche documenti dell’epoca. Lo stesso Principe in alcune lettere parla del velo come realizzato dallo stesso blocco di marmo della statua che rappresenta il corpo.