Oltre ad essere la fontana più grande e più famosa di Roma è anche una delle più belle del mondo. Si trova nell’omonima piccola piazza, su un lato del Palazzo dei duchi di Poli.
Come arrivare
Bus 30-40-62–64–81-87–492
Metro Linea A – Fermata Barberini
Storia
Già in età romana, nello stesso luogo, sorgeva una fontana realizzata nel 19 d.C. da Marco Vespasiano Agrippa. Quest’ultimo realizzò un acquedotto di circa 20 km di lunghezza, noto come Acqua Virgo, ossia Acquedotto Vergine. Tramite questo canale l’acqua corrente dalle sorgenti dei Colli di Roma giungeva alle terme cittadine e al Pantheon.
Il nome Trevi è certamente legato all’Acquedotto. Secondo una teoria il termine deriverebbe dal nome di una vicina località, quella di Trebium, alle cui fonti fu collegato nel XII sec. l’Acqua Virgo. Con maggiore probabilità, però, il nome Trevi richiama al trivio, allora detto “Treio”, l’incrocio in prossimità del quale si concludeva in città il percorso dell’Acquedotto.
Fu proprio al centro di questo incrocio che, di certo prima del XV secolo, fu costruita una fontana formata da tre brocche dalle quali scendeva l’acqua che si depositava su tre vasche.
Nel 1453 Papa Niccolò V commissionò a Leon Battista Alberti la sostituzione delle tre vasche con un unico bacino di forma rettangolare. L’architetto realizzò anche una parete in bugnato con merli e restaurò i mascheroni da cui entrava l’acqua.
Nei due secoli successivi i vari pontefici si adoperarono per la trasformazione della fontana e della piazza in una grande realizzazione monumentale, in modo da realizzare una quadro scenografico visibile dalle finestre del Quirinale, residenza del Papa.
Nonostante il susseguirsi di idee, progetti e concorsi fu solamente alla metà del 1700 che si realizzò l’attuale fontana.
Papa Clemente XII, ripresa in mano l’idea di rielaborare l’area della piazza e della fontana, prima organizzò un concorso, quindi, convinto dalla bontà dei progetti, emanò un Bando che fu vinto dall’architetto Nicolò Salvi. Ciò nonostante l’opposizione dei Duchi di Poli che volevano preservare la facciata del loro Palazzo, collocato accanto alla Piazza.
Il progetto di Salvi, peraltro il più economico tra tutti, era di chiara influenza barocca e richiamava all’idea del Bernini che aveva lavorato al progetto ai tempi di Papa Urbano VIII, ossia quella di rappresentare tramite una fontana la storia dell’Acqua Virgo.
I lavori iniziarono nel 1732 e si conclusero nel 1762, dopo varie interruzioni e riprese. Durante la sua costruzione si susseguirono diverse inaugurazioni, prima nel 1735 ad opera di Clemente XII e nel 1744 ad opera di Benedetto XIV. L’opera costò 17.647 scudi, gran parte dei quali raccolti tramite la reintroduzione a Roma del gioco del lotto, prima bandito.
Niccolò Salvi riuscì solo a concludere una prima fase della realizzazione, con il completamento delle statue e delle rocce nel 1747. Egli morì qualche anno dopo, nel 1751. I lavori furono dunque affidati a Giuseppe Pannini, che fu poi rimosso per le sue continue variazioni al progetto originale, tra cui l’aggiunta delle tre vasche. Dal 1759 si occuparono del progetto Pietro Bracci e Virginio, figlio di quest’ultimo. Essi modificarono il progetto subendo influenze dall’Illuminismo che si stava affermando in quegli anni anche a Roma.
Il 22 maggio del 1762 si svolse la definitiva, vera e propria inaugurazione della Fontana, finalmente ultimata. Fu Clemente XIII a vedere l’opera completata, dopo trenta anni di lavori eseguiti da dieci diversi scultori.
Alla fine degli anni novanta la Fontana è stata ripulita e restaurata e con l’occasione è stato rinnovato anche l’impianto idraulico.
Nel 2007 la Fontana è stato oggetto di una clamorosa iniziativa contro la globalizzazione. Graziano Cecchini, esponente di avanguardia futurista, ha gettato una sostanza che ha colorato di rosso le acque della fontana. Fortunatamente il colorante usato non ha creato problemi al marmo della struttura.
Descrizione
La fontana si sviluppa lungo una superficie di 20 X 26 metri, lungo il lato minore del Palazzo di Poli.
Il tema di fondo della rappresentazione scultorea è il mare. E’ presente una grande piscina rettangolare con gli angoli arrotondati. Essa è cinta da un percorso cui si accede da una scalinata. Quest’ultima fu un accorgimento pensato per risolvere il problema del dislivello esistente tra il lato sinistro della piazza posto molto più in alto rispetto a quello destro. Per questo a sinistra è presente anche un parapetto coperto da rocce, che ha la funzione di delimitare la strada.
Proprio sulle rocce che coprono il parapetto è presente una curiosa scultura che rappresenta un oggetto completamente avulso dal resto della struttura ed estraneo al tema dell’opera. Si tratta di un vaso di travertino di grandi dimensioni, detto “Asso di coppe” per il fatto di ricordare il simbolo della corrispondente carta da gioco. Si narra che il vaso sia stato realizzato da Salvi con il solo scopo di impedire la visuale ad un barbiere che dalla sua bottega era solito osservare l’architetto all’opera, criticandolo continuamente per il suo lavoro.
La scalinata attualmente appare come una gradinata arredata con sedili e contribuisce a rendere ancora di più teatrale la scenografia che il turista ha di fronte. Ci si può infatti sedere e godere dello spettacolo fornito dalla fontana e dalla discesa dell’acqua tra le sculture in marmo e pietra.
Una scogliera di rocce occupa il livello inferiore della facciata del Palazzo. Al centro c’è una statua di Oceano, realizzata da Pietro Bracci su progetto di Giovanni Battista Maini, all’interno di una grande nicchia cinta da colonne in stile corinzio. Oceano è rappresentato alla guida di un carro a forma di conchiglia, tirato da cavalli alati con tritoni che li cavalcano. Ai lati dell’arco centrale ci sono altre due nicchie, all’interno delle quali sono presenti a destra la statua dell’Abbondanza e a sinistra quella della Salubrità. Entrambe furono opera di Filippo della Valle.
Sono presenti anche due cavalli, uno a sinistra detto “agitato” perché in movimento, l’altro a destra detto “placido”, poiché in posizione statica. Essi rappresentano i diversi comportamenti del mare che alterna momenti di agitazione a momenti di calma.
Sopra le due nicchie ai lati dell’arco centrale ci sono due pannelli in bassorilievo. Su quello di sinistra, realizzato da Andrea Bergondi, è rappresentato Agrippa che approva la realizzazione dell’Aqua Virgo, in quello di destra, opera di Giovanni Battista Grossi, c’è la “vergine” che indica ai soldati il luogo in cui si trovano le sorgenti.
Nella parte superiore sono presenti quattro statue che rappresentano altrettante allegorie. A sinistra c’è l’abbondanza della frutta, quindi spostandosi a destra la fertilità dei campi, la ricchezza dell’autunno e l’amenità dei giardini.
Al centro del prospetto, tra le due sculture centrali è collocata una grande iscrizione, che ricorda l’inaugurazione del 1735 da parte di Clemente XII, con lo stemma araldico dello stesso pontefice realizzato da Paolo Benaglia.
L’acqua richiamando l’immagine delle lontane sorgenti, fuoriesce dalle rocce in vari punti. Scorre sotto la nicchia centrale, riempiendo tre vasche, per poi arrivare nella piscina maggiore.
L’opera per la sua bellezza e per la suggestione che crea all’osservatore, per la straordinaria mescolanza dell’acqua con le sculture e l’architettura complessiva, è uno dei monumenti più belli di Roma e ne è diventato uno dei principali simboli.
La fontana e il cinema
Fra l’altro la Fontana di Trevi ha fatto da sfondo a diversi film che hanno contribuito a renderla celebre nel mondo.
E’ famosissima la scena della “Dolce Vita” di Federico Fellini del 1960 in cui l’attrice svedese Anita Ekberg si immerge nelle acque della fontana e chiama a sé Marcello Mastroianni.
Tra gli altri film con la Fontana di Trevi come scenografia o addirittura elemento fondamentale delal sceneggiatura vanno anche ricordati “Tre soldi nella fontana” del 1956 di Jean Negulesco, “Fontana di Trevi” del 1964 di Carlo Campogalliani e “Tototruffa 62” del 1961 di Camillo Mastrocinque, con Totò che cerca di vendere a un turista la fontana e i relativi diritti d’autore per le foto scattate dai turisti.
La fontana e la cultura popolare
Secondo una tradizione, che ha origini nell’antica idea per cui gettare piccoli doni nelle fonti consentiva di ingraziarsi il favore delle divinità, gettare una moneta nelle acque della Fontana di Trevi, voltati di spalle, è di buon auspicio per un futuro ritorno a Roma.
Tutti i turisti conoscono questa usanza e capita raramente che qualcuno visiti la fontana senza lasciare il suo obolo. Il fondo della fontana è infatti pieno di monete che periodicamente vengono raccolte dal Comune e donate alla Caritas.
Un’altra tradizione propria della cultura popolare di Roma prevedeva che le ragazze facessero bere ai propri fidanzati in partenza un bicchiere che veniva poi gettato e rotto come auspicio di fedeltà. La tradizione rimase in uso, ovviamente, finché vi fu l’usanza di usare l’acqua della fontana per bere.